Vino nobile derivante da un vitigno antico, di origine greca, dalla tipicità ineguagliabile, affermato in tutto il mondo per profumi e sapore.
Il Greco di Tufo DOCG non è un vino bianco come tutti gli altri.
Perché di bianco ha solo il colore e qualche sentore più delicato. L’abbinamento con le pietanze ittiche migliore è con piatti a base di frutti di mare e crostacei, anche per quelle ricette di mare, poche, che prevedono aggiunta di panna.
La sua nota decisa permette di “vitalizzare” il sapore del pesce che viene eventualmente coperto da condimenti troppo carichi, anche il burro che viene aggiunto, discutibilmente, in molte pietanze marine per amalgamare la pasta ai frutti di mare ed ai crostacei.
Essendo il Greco di Tufo, una sorta di ibrido, o come piace dire a chi vuol far capire che se ne intende, “un rosso vestito da bianco”, la cucina più appropriata per gli abbinamenti è la cosiddetta “mare e monti” che unisce gli ingredienti della terra e del mare.
Probabilmente gli abitanti autoctoni già coltivavano la vite quando in zona giunsero i colonizzatori greci, ma la prima traccia storica della viticoltura risale al I secolo a.C. Si tratta di un affresco di Pompei dove si legge “vino Greco”. La sua diffusione parte dalle pendici del Vesuvio per arrivare nell'avellinese dove prende appunto l'appellativo Greco di Tufo. Ci sono indizi che, precedentemente, si sia chiamato Aminea Gemina (Gemina perché produceva spesso grappoli doppi): Aristotele infatti riteneva che il vitigno delle Aminee provenisse dalla Tessaglia, terra di origine dei colonizzatori greci.[1] Il vitigno fu quindi portato nella provincia di Avellino dai Pelasgi nel I secolo a.C.
Per quanto attiene la sua qualità, fa fede Plinio il Vecchio:
«" In verità il vino Greco era così pregiato che nei banchetti veniva versato una sola volta"»
(Plinio il Vecchio[1])
Altre testimonianze ci vengono dagli scritti di Catone, Varrone, Virgilio, e Columella che fra l'altro ci informa che da una singola vite di un pergolato si ottenevano fino a cinquanta litri di vino. Il 5 novembre del 1592 il re autorizzava il Capitano di Montefusco, capitale del Principato Ultra (l'attuale provincia di Avellino), a riscuotere una gabella di 4 carlini per ogni soma di vino che entrava in città. L'”Apprezzo del Feudo della Baronia di Montefusco del 1704” (archivio parrocchiale di Sant'Angelo a Cancello, fasc. 2/16) riportava che oltre il 61% dei terreni del feudo erano occupati da vigneti. La relazione del 29 maggio 1815, fatta dal sindaco di Tufo e dal corpo decurionale, attesta che la vite occupava all'incirca 286 tomoli di terra.[1]
Nell'800 grazie alla scoperta dei giacimenti di zolfo di Tufo, la viticoltura, con la "zolfatura", acquisisce una potente arma contro i patogeni potendo così ulteriormente espandersi. In effetti si supera il milione di ettolitri prodotti, con grande sviluppo dell'esportazione e dell'indotto. La costruzione della prima ferrovia irpina, dà un ulteriore impulso alla esportazione e quindi alla produzione.[1]
Il valore, dal punto di vista sia tecnico che economico, del Greco di Tufo ha ricevuto ripetuti riconoscimenti:
si comincia nel 1909 nell'Ampelographie di Viala e Vermol “....Greco Bianco di Tufo: vitigno delle regioni meridionali d'Italia e soprattutto della provincia di Avellino, molto apprezzato e molto coltivato per la superiore qualità del suo vino, di un colore giallo-dorato; è probabilmente l'Aminea Gemella degli antichi autori; è pure il vitigno che è stato coltivato, nel I secolo a.C. sulle falde del Vesuvio.”;
nel 1927 in "Un vitigno di antica nobiltà: Il Greco del Vesuvio o Greco di Tufo : (Aminea gemella L.G.M. Columella): note ampelografiche ed esperienze di vinificazione" dell'ampelografo Ferrante, si trova analoga conferma.
nel 1964 in "Greco (o Greco di Tufo), Ministero dell'Agricoltura e Foreste, Principali vitigni da vino coltivati in Italia” di Bordignon S. di nuovo si conferma che “Il Greco sia da identificarsi con l'Aminea Gemella di Columella per molti argomenti validissimi quali l'area di cultura che è quella occupata in antico dalle Aminee, le caratteristiche del grappolo.., nonché la bontà del vino lodata attraverso i tempi....”
l'ultima citazione è del prof. Garoglio che nel suo trattato “Nuova Enologia” lo descrive come vino pregevolissimo la cui produzione deve essere incoraggiata con tutti i mezzi.