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Taurasi

DOCG


Vino di grande tradizione, realizzato grazie a un vitigno dalle origini antichissime: ben strutturato, elegante e austero ma, al tempo stesso, equilibrato e tannico; adatto a un lunghissimo invecchiamento, anche grazie alla sua struttura, mineralità, buona alcolicità e pienezza La denominazione di origine Taurasi DOCG è riservata ai vini delle tipologie Taurasi e Taurasi riserva, ottenuti dalla vinificazione delle uve del vitigno Aglianico (min.85%), nella zona che comprende i comuni di Taurasi, Bonito, Castelfranci, Castelvetere sul Calore, Fontanarosa, Lapio, Luogosano, Mirabella Eclano, Montefalcione, Montemarano, Montemileto, Paternopoli, Pietradefusi, Sant’Angelo all’Esca, San Mango sul Calore, Torre le Nocelle e Venticano, tutti in provincia di Avellino. Il vino Taurasi DOCG deve essere sottoposto a un periodo di invecchiamento obbligatorio di almeno tre anni di cui di cui almeno dodici mesi in botti di legno. Il vino Taurasi DOCG nella tipologia “riserva” deve essere sottoposto a un periodo di invecchiamento obbligatorio di almeno quattro anni, di cui almeno diciotto mesi in botti di legno. Il Taurasi, nelle sue tipologie Taurasi e Taurasi Riserva, è vino dotato di struttura, elegante ed austero ma al tempo stesso equilbrato, tannico. Il Taurasi si presenta “chiuso” in gioventù, ma questo lo rende adatto ad un lunghissimo invecchiamento, anche grazie alla sua grande mineralità, buona alcolicità, corpo e pienezza che trovano il loro equilibrio in bottiglia.

L'Aglianico è quasi sicuramente stato portato in Italia da coloni greci (VII-VI secolo a.C.). Il suo nome un tempo era "hellenico"[3] potrebbe derivare da quello della “polis” Elea (Eleanico) oppure potrebbe essere una traslitterazione nello spagnolo dell'aggettivo Elleanico o Ellenico (cioè greco) divenuto Aglianico durante la dominazione aragonese (XV secolo) per cui la doppia “l” si è trasformata in “gl” seguendo appunto la fonetica spagnola. Esiste un documento del 1167 da cui risulta che gli spagnoli chiamavano “Aglianica” la vite coltivata a Taurasi[4]. Taurasi invece deriva chiaramente da Taurasia, antica città degli irpini distrutta dai romani nel 268 a.C. e che probabilmente corrisponde alla moderna Taurasi[2]. Nei primi anni dell'impero romano nella zona della distrutta Taurasia viene insediata una colonia militare assegnando parte del territorio ai veterani della battaglia di Filippi (42 a.C.) e, com'era uso degli antichi romani, vengono realizzate una serie di opere pubbliche che danno nuovo impulso all'agricoltura in generale ed alla viticoltura in particolare come testimoniano Tito Livio, Plinio il Vecchio, Strabone e Filippo Cluverio.[2] Nel secolo XIX si assiste ad un altro exploit dei vini irpini poiché la zona resta per un certo periodo di tempo esente dalla fillossera che sta distruggendo i vigneti in europa. Si arriva a ribattezzare «Ferrovia del vino» quella che passa per Taurasi a causa della massiccia esportazione di vini verso l'Italia del nord e l'intera Europa. La produzione dell'epoca è stimata ad oltre 100 000 000 di litri. Nel 1878 si ha un ulteriore impulso con l'apertura, grazie alla forte determinazione di Francesco De Sanctis, dell'Istituto Agrario di Avellino ad indirizzo Enologico che ha concorso a salvaguardare le potenzialità varietali dell'Aglianico, anche attraverso studi sperimentali sulle tecniche enologiche. Nel 1898 lo Strafforello scrive: «Nelle buone annate il vino è assai copioso e molto se ne esporta nelle province limitrofe, principalmente col nomi di vino "Taurasio" ed altri. Il migliore si raccoglie nei Comuni di Taurasi».[2] Nel 1929 F. Madaluni segnala un'estensione dei vigneti pari a 63 000 ha di cui 2 000 in coltura specializzata. Nel 1934, A.Iannaccone nei "Vini dell'Avellinese": «appare evidente che l'industria vinicola rappresenta un'attività agraria d'importanza grandissima da cui ripente la floridezza economica di numerosi paese della provincia» Però la fillossera arriva anche in questa zona al punto tale che nel 1970, il Catasto Viticolo registra solo 1 800 ha di vigneti consociati e appena 4,8 ha di specializzati. Il segnale della ripresa, che prosegue anche ai giorni nostri (2013), è dato dalla nascita di numerose cantine sociali per la produzione e l'imbottigliamento.[2] I nuovi impianti, poi, sostituiscono il tradizionale allevamento ad “alberata taurasina” (di scuola etrusca), con i più razionali guyot e Cordone speronato abbassando la resa produttiva fino a 5,0 t/ha, ma esaltando la qualità dei vini prodotti.[2] La storia del vino "Taurasi" è descritta nel capitolo " vini e vigneti" di Giovanni Borea-Volume VIII della Storia Illustrata di Avellino e dell'Irpinia-Sellino e Barra Editore 1996. Il volume più completo sulla storia del Taurasi DOCG è senz'altro "Rosso dalla Terra" di Nicola Di Iorio, Delta3 editore, Grottaminarda 2015. Precedentemente all'attuale disciplinare questa DOCG era stata: Approvata DOC con DPR 26.03.1970 Approvata DOCG con DM 11.03.1993 G.U. 72 - 27.03.1993 Era previsto anche un Taurasi riserva.