Città di pane antico e di tradizioni ancestrali, Montecalvo è un gioiello di sapori e folklore nel cuore della valle del Miscano
Abitato sin dall’alba dei tempi, Montecalvo si è sviluppato sin dal Neolitico su un colle roccioso puntinato da ginestre che da il toponimo al borgo. Dell’antico insediamento, che sorse in località Trappeto, rimangono diverse case-grotta ricavate nei banchi tufacei del colle. Abbandonate dopo il neolitico, tornarono ad essere presidiate con la diffusione del Cristianesimo che portò all’edificazione, accanto ad esse, delle prime chiese rupestri della valle. L'abitato rimase organizzato su più livelli fino al dopoguerra, quando a causa delle scarse condizioni igieniche, furono definitivamente abbandonate in favore di abitazioni più moderne e salubri nel cuore del borgo. Altro elemento caratterizzante del territorio rurale di Montecalvo Irpino sono le Bolle della Malvizza, il più grande apparato di vulcanetti di fanghiglia di tutto l’Appennino meridionale. Il fenomeno mefitico, conosciuto anche come polle della merla, secondo la leggenda, sarebbe da attribuire all’ira degli dei che vollero punirono un taverniere per aver derubato i viandanti sulla via Traiana, confinandolo nelle viscere della terra. Le bolle sarebbero, così, generate dalle esalazione e dalle urla dell’uomo imprigionato sotto la valle. Passando dalle leggende alla storia, l’edificio più rappresentativo di Montecalvo è il Castello Pignatelli, edificato in tempi remoti, prende il nome dagli ultimi feudatari, la famiglia Pignatelli, che trasformarono la roccaforte in residenza gentilizia abitata anche dai Carafa. Oggi, il maniero si fa ammirare per i bastioni settencenteschi progettati per difendersi dall'assalto delle truppe nemiche e per l’arco a cui si accede al cortile interno del castello risalente al 1505. Sono ancora visibili una torre cilindrica e le mura perimetrali. Attorno al Castello, si tiene a novembre la Millenaria Fiera di Santa Caterina d’Alessandria, evento che affonda le sue radici nell’Alto Medioevo, cioè da quando i Cavalieri di Malta introdussero a Montecalvo il culto della santa ed edificarono in loco un ospedale, ad essa dedicato, che funzionasse da ricovero per pellegrini e viaggiatori di passaggio sulla via Appia Traiana.
Terra di commerci, di scambi culturali e di relazioni antichissime, Montecalvo è una delle grandi Città del Pane. Qui si panifica il famosissimo Pane di Montecalvo, prodotto agroalimentare tradizionale (PAT) caratterizzato da una crosta spessa che racchiude una mollica alta e compatta piena di alveolature che lo rendono morbido e leggero. Essendo un crocevia importante sulla via Traina, il borgo della valle del Miscano e rinomato anche per la coltivazione e la valorizzazione di cereali antichi come la Saragolla, varietà di frumento duro coltivate in Irpinia, ottima per la panificazione di qualità e la Speuta, detta anche "speutona", una graminacea nutriente simile al farro utilizzato non solo per la produzione di pane ma anche per essere ammollato nelle minestre. Oltre al pane, un altro dei simboli della civiltà montecalvese è quello della Pacchiana, una donna molto appariscente, vestita con un abito pieno di colori che ancora oggi viene utilizzato dalle donne anziane o nei riti tradizionali come il Carnevale. Il termine pacchiano, che oggi indica una persona vistosa, chiassosa, mal vestita, in realtà ha origine etimologica ben diversa e rimanda alla voglia di divertimento, di allegria, di bagordi, di canti e tarantelle tipiche proprio del periodo che precede la Quaresima.